Ad oltre 60 anni dal ritrovamento il Guerriero di Capestrano resta, nel suo incomparabile splendore, indecifrato insondabile misterioso e persino beffardo dietro la sua enigmatica maschera. Nel corso degli anni quasi tutti gli studiosi di archeologia si sono cimentati nell’impresa, in verità ardua, di decifrarne origini, simbologie e collocazione nel clima e nel contesto storico della Civiltà italica. Una vastissima letteratura è stata scritta e numerosi studi anche di alto rigore scientifico sono stati compiuti. Molte ipotesi sono state formulate, quasi mai coincidenti e spesso tra loro in antitesi, ed altre ancora vengono riproposte anche alla luce dei nuovi ritrovamenti archeologici che hanno riguardato una più vasta area comprendente, oltre l’Abruzzo, la Sabina e il Piceno storico. Ma pur se così incerti e divisi, tutti gli studiosi sono concordi nel ritenere che il Guerriero rappresenta: “la più importante fra le sculture con una monumentalità ignota ad altre creazioni del mondo italico” (Bianchi - Bandinelli - Giuliano); “un documento fondamentale per un qualsiasi serio tentativo di ricostruzione critica della Civiltà dei popoli italici tra l’Vili e il V secolo av.C. (Marinangeli); “caposaldo di interesse senza confronti per la storia dell’Arte e della Civiltà italica, cimelio che illumina di luce propria un periodo ditale Civiltà” (Moretti); “massima espressione del linguaggio figurativo che caratterizza la Civiltà Picena” (Cianfarani). Ma questo dibattito si svolge tra gli studiosi e gli appassionati di archeologia, nelle sale del Museo Archeologico Nazionale di Chieti, dove il Guerriero di Capestrano prosegue la sua ultramillenaRIa storia, si avvertono una suggestione indicibile, una sottile sensazione di mistero e un ancestrale richiamo. REPERTI COEVI DELLA STATUA |
LA STELE DI GUARDIAGRELE ( CH ) |
IL FRAMMENTO DI STELE DA RAPINO ( CH ) |
|
Dopo il ritrovamento del Guerriero di Capestrano vennero alla luce altri reperti:
la testa Leopardi da Loreto Aprutino (Pescara), la stele di Guardiagrele, il torso di Atessa da Monte Marcone di Atessa (Chieti), “le gambe del diavolo” da Collelongo (L’Aquila) e il frammento di stele da Rapino (Chieti), databili agli inizi del VI sec. a. C., artisticamente meno importanti della grande statua, ma di sicuro interesse archeologico per una indagine storica alla ricerca delle radici della civiltà medioadriatica LA TESTA LEOPARDI LORETO APRUTINO ( PE ) | IL TORSO DI ATESSA |
|
LE GAMBE DEL DIAVOLO, COLLELONGO ( AQ )
Il VI secolo a. C. fu un periodo di grande evoluzione sociale, culturale ed artistica; fermenti di grandi cambiamenti si ebbero nel mondo abruzzese e in tutto il mediterraneo, Italia compresa, che diedero inizio ad una fiorente epoca che mai l’umanità aveva conosciuto. La grande statua e la statua muliebre sono la conferma di questo sviluppo culturale, che l’ignoto artista con grande capacità espressiva è riuscito a tramandarci. |